Percorso Artistico

DICONO DI LUI

Valerio Grimaldi – Giornalista – Critico d’Arte

In una città dove si sprecano parentele e parrocchie, dove essere artista è sinonimo di una oculata amministrazione di entrate ed uscite, incontrare un giovane che rischia sulla propria pelle vocazione e mestiere facendo quadri, è fatto inconsueto e da incoraggiare.

Gilberto Orsoni non si improvvisa pittore: Arriva ai suoi quadri dopo la snervante e paziente disciplina della copia, frequentando scuole di provincia, senza titoli accademici se non una caparbia volontà ed un talento naturale. Volontà e talento intesi come strumenti ancor oggi da arrotare, ma certamente acquisiti in una pratica quotidiana che dura ormai sin dall’infanzia. Ma c’è di più. Fuori dal conformismo dello studio come luogo sacrale in cui si celebrano i riti della visita all’artista, Orsoni reinvesta e ripropone la bottega dell’arte. Nello stretto di quattro muri di via Nosadella lavora e “fa vetrina” quasi a ricordare ai bolognesi disattenti che dipingere non è sinonimo di industria ma comunque che il quadro – oltre che “prodotto” – è consumo necessario.

Evitando cadute nel consueto standard figurativo di “case fiori e nature morte” o del riprodurre pedissequamente cartoline dipinte, Orsoni riserva estro e mestiere alla sua città: dipinge Bologna. Una Bologna povera, proletaria, retrodatata nel tempo, una Bologna che – già sin da un nostro incontro del ’75 in occasione di una prima timida personale – sintetizzai screpata di storia e di vita: La Bologna dei vicoli perduti, dei colori marci, degli archi infettati di muschi o scalcinati e corrotti nel rosso della pietra.

Restringendo il mirino del suo obiettivo, Orsoni ricava dal particolare l’anima di una città che scompare senza immalinconirsi e senza celebrare un tempo indubbiamente passato:L’autentico delle case e delle cose viene rilevato da colori composti , senza slanci naturalistici oltre le righe, dall’impronta metafisica che supera il reale. Una porta, una finestra, una condotta di scarico sono personaggi di un racconto quotidiano che non abbisogna di spazi più allargati, di orizzonti panoramici: Come nel recupero delle memorie il ricordo si materializza in un ritaglio – quasi un fotogramma – racconta una storia, riesce ad esorcizzare una città che è un mondo.

Scavata dall’interno la Bologna di Orsoni perde la sua solarità, la sua essenza sanguigna che pur trapela, di quando in quando, in qualche vampata di colore subito attenuata e repressa nel graffiato di un muro o di una porta.

Nel rifiuto di una possibile profondità scenografica, nell’appiattimento della prospettiva, in una sorta di riciclaggio ripetitivo dell’immagine, il giovane pittore bolognese aveva, comunque, latente un rifiuto per il reale a favore di una interpretazione che non scadesse in lirismo fine a se stesso ma si costruisse al di fuori di un suo spessore esclusivamente romantico. Oggi, infatti, Orsoni viene rarefacendo, geometrizzando l’immagine, razionalizza il dato visivo componendolo, salta il fosso del figurativo stretto per nuovi ritmi compositivi.

…………

Mi sembra evidente che il giovane pittore bolognese sia sulla soglia di pagare ancora -e sulla propria pelle – un nuovo prezzo pur di non fermarsi. Anche se fermarsi oggi significherebbe celebrarsi un poco e qualche soldo in più.

Mauro Donini

Alla Galleria d’Arte “Al Crocicchio”, in Via S. Stefano 30, espone il bolognese Gilberto Orsoni. Già avemmo modo di conoscerlo anni or sono e già da allora il suo tema preferito era la sua Bologna. Ancora oggi descrive questa meravigliosa città dal colore di cotto, ma in una dimensione nuova, essenzializzata, trascurando la realtà delle forme ma penetrando invece nei significati di una città la cui anima vibra di storia e di sentimenti. Una Bologna inedita, pulita, finemente interpretata nei suoi aspetti architettonici e nello spirito del suo intenso passato stampato sui muri delle case.

Gilberto Orsoni, nato a Bologna nel 1945, ha frequentato il corso di nudo e di grafica del D.I.P: ed ha ottenuto ampi consensi di critica in numerose esposizioni e manifestazioni pittoriche.

Gaetano Marchetti

Il pittore Gilberto Orsoni, con una tecnica di lunga e consolidata esperienza – che è poi quella tramandataci da parecchie generazioni – descrive una realtà appartata di un mondo che ad altri potrebbe apparire trascurabile, di poco conto. Sono vecchie case di Bologna o del contado, delle quali si è smarrita l’età, non si saprebbe dire gli anni che hanno; il tempo, certo, ha lasciato su loro l’impronta inconfondibile della vecchiaia, anche perché mancò da anni una mano restauratrice. Gli scrostamenti di intonaci, le macchie di umido non si contano:hanno aggiunto chiazze di colore dove un giorno lontano vi era una superficie tersa, ma questa “macchiatura” è buon motivo per creare il carattere “pittoresco” di un luogo, che sa impressionare l’artista pittore e suggerirgli una lettura poetica di quelli che sotto un’altra angolatura potrebbero apparire poveri relitti dimenticati all’abbandono e alla degradazione estrema.

I suoi soggetti sono poveri, se vogliamo dire così, perché sfuggono all’interesse attuale, perché ci parlano di tempi lontani, ma sanno suscitare tuttavia nell’artista che sa guardare con altri occhi – quelli della sublimazione poetica – un interesse da tradurre, da fermare con colori sulla tela.

……

Anche il lungo portico di San Luca che si arrampica sul monte fino al Santuario – una vera “americanata” dei bolognesi , se si pensa al tempo in cui fu fatto e ai mezzi costruttivi di allora – ha tentato il suo estro pittorico.

……

La tecnica che usa l’Orsoni è quella a olio: pennelleggiatura tradizionale a piccoli tratti, molto descrittiva, che cura attentamente il particolare; sono assenti pertanto quelle “sciabolate” di colore che con un gesto solo vorrebbero sintetizzare una intera parete: tutt’altro. Ogni chiazza nel muro è raccolta in una particella di colore a significare sulla tela la policromia composita della scena che l’artista intende riprendere con tutte le accidentalità che vi sono, e che perciò entrano a comporre il risultato finale. Un risultato che ha tutti i requisiti per essere accolto, senza suscitare dubbi, da una larga fascia di osservatori, quella di coloro che quando si trovano di fronte a un quadro non si aspettano di dover risolvere un enigma, ma di recepire e giudicare un atto creativo nel campo dell’arte pittorica, in un soggetto agevolmente identificabile nella realtà di tutti i giorni. Potrà soddisfare più o meno questa scelta di soggetti, tutti con un carattere di evidente fatiscenza; ma non è neppure una sconcertante novità se il Piranesi sul finire del settecento ritraeva con uguale scoramento le superstiti rovine romane; ed ebbe degli imitatori.

Diciamo dunque che questa pittura dell’Orsoni ha il pregio di essere schiettamente leggibile, nella sua diligente fattura di dettaglio; non solo, ma recepisce la coloritura tipica, inconfondibile con la quale si presenta la nostra antica Bologna al forestiere , al quale se ha visto altre città – sia pure emiliane – non gli sarà sfuggita una differenza: quella che in definitiva puntualizza il carattere di immagine che Bologna presenta con assoluta singolarità.

L’Orsoni si è posto all’attenzione del pubblico che segue, che osserva, attraverso le varie Mostre, l’evolversi della produzione artistica del nostro tempo, già da parecchi anni, e questo pubblico non gli ha lesinato consensi, come appunto ha potuto constatare quando tante volte ha partecipato a Mostre collettive o si è esibito in Mostre personali: sue opere sono già entrate in collezioni private.

……

Aggiungeremo infine che in un’epoca in cui l’arte subisce una confusione di concetti , di definizioni, di giudizi contrastanti, come l’epoca che stiamo vivendo, un artista che si apparta a lavorare con serietà di intenti, senza impugnare il megafono per stordire il pubblico con delle affermazioni trasecolanti, merita considerazione e apprezzamento, ed è per questo che lo abbiamo inserito nella serie pluriennale della nostra agenda bolognese: l’arte seria è per noi meritevole per se stessa.

Biografia Artistica

Gilberto Orsoni nasce a Bologna nel1945.

Fin dalla prima infanzia matite e colori sono i suoi giochi preferiti: si cimenta nelle varie discipline artistiche facendosi forza dell’aiuto dei vecchi artigiani (pittori, falegnami, liutai….) che ancora popolano la città di quei tempi. Ecco allora che ancora bambino si lancia nella stesura di un’opera prima: “Enciclopedia Rugiada” – due enormi volumi che racchiudono tutta la curiosità e la voglia di conoscere raccontare e dipingere come funziona il mondo.

Libri, cartoline, calendari, fotografie e ritagli di giornali sono l’ispirazione della sua fantasia descrittiva; tutto e’ a pretesto per disegno e pittura.

A partire dalla metà degli anni sessanta percorre la strada dell’arte pittorica scavando nei meandri della sua città natale – Bologna – alla ricerca di quelle radici che i tempi moderni vogliono tenacemente dimenticare nascondere disconoscere.
Siamo difatti in pieno clima sessantottino, rivoluzionario, giustamente innovativo. Ma, come si dice a Bologna, il rischio è quello di buttar via il bambino insieme all’acqua sporca.
Ecco allora che il giovane Orsoni la recupera, quell’antica Bologna che nessuno di noi vuole più perché sa di muffa, di vecchio e di miseria.

La sua tecnica materica, diligentemente descrittiva (anche quella fuori moda per i tempi), mostra il coraggio artistico, la tenacia nell’andare controcorrente per raccontare, con poesia, il fascino di un muro scrostato che parla al cuore, parla di un’umanità che ha sofferto gioito e vissuto una quotidianità solo apparentemente silente.

E’ in quegli anni che comincia a riscuotere il favore del pubblico, il laboratorio-studio situato nella centralissima Via Nosadella gli consente di mettere in atto una pittura plein-air (col cartello “Torno subito” alla porta). Seguono poi numerosi concorsi, mostre collettive e personali.

Non sono solo estimatori locali:i suoi dipinti varcano le frontiere, emigrano per così dire; arrivano in Grecia in Inghilterrra e nella lontana modernissima America.

Fotografando per poi dipingere gli angoli dimenticati della città nasce e si struttura, quasi per caso, una documentazione che si rivelerà di notevole importanza oggi denominata “Raccolta Orsoni“: nell’arco di 45 anni oltre 4.000 fotografie sono ora a testimoniare una Bologna che ha il sapore desueto del periodo del “boom degli anni sessanta”.

Gilberto Orsoni oggi vive e opera a Monterenzio, piccolo paese sulle colline bolognesi, fedele al suo tema, filo conduttore di tutta la vita. Si può certamente affermare: la ricerca continua.

MOSTRE PERSONALI

Galleria “C.I.P.A” (Confederazione Italiana Professionisti Artisti) (BO)
maggio ‘73, ottobre ’73, ottobre ’75, novembre ‘78

Galleria “Al Crocicchio” ( BO)

ottobre ‘77

Galleria “San’Isaia” (BO)
marzo ‘83

Galleria “Savio” Lido di Savio (RA)
giugno ‘83

Galleria “L’Arte e il Gioiello” San Lazzaro di Savena (BO)
ottobre ‘83, febbraio ‘85

Sala Polivalente Quart. Costa-Saragozza (BO)
Febbraio ‘84

Galleria “Caldarese” (BO)
maggio ‘84

Galleria “Antoniano”
dall’86 al ‘94

Festa dell’Amicizia
settembre ‘89

Casa “Sant’Anna” Villanova di Castenaso (BO)
maggio ’91, maggio ‘92

Vetrina “Savini” (BO)
novembre-dicembre ’96, febbraio ‘97

Innumerevoli le MOSTRE COLLETTIVE – per brevità se ne citano solo alcune tra le più recenti:

“Il Gioiello” Castel S: Pietro Terme (BO)
dicembre ‘94

“Palazzo Isolani” (BO)

febbraio ‘97

“Circolo Artistico” (BO)

gennaio 2005, luglio 2006, dicembre 2008, febbraio 2009
”SBAM” Museo Fantini Monterenzio (BO)
novembre 2007, novembre 2008